Il prof Marc Berman dell’Università del Michigan con un suo recente studio, menzionato sulla La Stampa del 16 gennaio, rafforza una mia constatazione: “La gente vorrebbe vivere lontano dalle città, in campagna e ancor meglio, se gli si creano le condizioni, in montagna”.
C’è stato, almeno per le Terre Alte del parmense, un’inversione di tendenza in atto da quasi un decennio. Un fenomeno che a mio avviso non è stato capito o colto appieno da quanti, per il loro ruolo Istituzionale (Provincia e Regione), proclamano, da sempre, la necessità di un riequilibrio territoriale tra la città, la pianura e la montagna.
In montagna, anche se gli investimenti pubblici sono inferiori a quanto è sbandierato, è innegabile che si sia investito da parte di Provincia e Regione e a volte anche dal Governo e dall’Unione Europea. Questi investimenti, complici noi montanari privi d’idee nuove, però, vanno in una direzione che mostra, da decenni, la corda. In pratica sono destinati a mantenere la popolazione originaria in montagna. Tentare di creargli le condizioni per non proseguire nella corsa, per motivi di lavoro, servizi e studi, in città. Personalmente, come appassionato di politica, avevo ideato e realizzato un convegno, l’8 marzo 2003, a Berceto, cui avevano partecipato tutti gli esponenti politici e tantissima gente da indurre i giornali d’allora a titolare i loro servizi con la costatazione: Salone gremito; Oltre 300 persone da Luigi Lucchi a Berceto per salvare la montagna ecc.
Quel convegno era per cercare di far comprendere che la montagna aveva un’occasione irripetibile: Essere ripopolata. Ripopolare la montagna o impegnarsi contro lo spopolamento possono sembrare, a prima vista, la stessa cosa. Esprimere lo stesso concetto e invece, nelle mie intenzioni, le due cose sono molto diverse.
Voler ripopolare la montagna, infatti, richiedeva e richiede la comprensione di fenomeni che erano in atto e che oggi il prof. Marc Berman ufficializza scientificamente scoprendo che è il cervello che vuole vivere in campagna, in montagna. Se i nostri territori, come ne ho la certezza, sono ambiti da quanti sono nati e vissuti in città, nelle grandi città del Nord Europa, vuol significare, ad esempio, che proprio in quelle aree urbane, vanno promossi, fatti conoscere. Servirebbe, insomma, una grande promozione a Londra, Monaco, Amsterdam, Milano e anche oltre oceano.
Tutto questo non è mai avvenuto perché difficilmente un montanaro, quindi un amministratore pubblico che lo rappresenta in Provincia, in Regione o al Governo, si pone questo problema. Si arriva, persino, alla deleteria impressione che meno gente viene a vivere nei nostri territori e meglio stiamo senza renderci conto che i servizi sono costretti, compreso le scuole, a ridursi ulteriormente o a sopravvivere con l’assistenzialismo. Il territorio, poi, è abbandonato e si accentua il dissesto idrogeologico. C’è il profumo, senza voler essere drastico, di “morte” e questa morte, come nel caso di Berceto, colpisce anche i paesi che hanno collocazioni geografiche, viabilità, storia e tradizione, invidiabile. Berceto, ad esempio, alla fine degli anni sessanta e inizio anni settanta, s’è ritrovato, improvvisamente, per le migliaia di operai della costruenda autostrada a essere un paese del ben godi.
I bar erano aperti giorno e notte, non c’era un buco libero nelle case, i negozi incassavano a piene mani e anche gli operai locali si ritrovavano, da un mese all’altro, con una busta paga che passava da 40.000 lire mensili a 300/350.000 lire. Quei soldi piovuti dal cielo, però, per cecità, non tenendo conto che l’Autostrada avrebbe potuto portare un benessere turistico duraturo se le infrastrutture turistiche si fossero adeguate alle nuove esigenze, erano investiti a Parma e a Berceto restarono le briciole di quanti si sistemavano la propria casa. L’Autostrada, inoltre, lungi dall’essere usata e utilizzata per lo sviluppo, diventava un’occasione, indiretta, per far morire la comunità.
Perché impegnarsi, ad esempio, per organizzare qualche cosa in loco, come succede in paesi molto più scomodi e meno blasonati di Berceto, quando posso trovare quanto mi serve, compreso nuovi amici, a Fornovo, Pontremoli, Parma e La Spezia che sono raggiungibili, ora, in pochi minuti? Con pochi mezzi, aiutato solo da un’associazione filantropica come la Tre Globi, negli anni scorsi, dopo aver promosso, invece, Berceto, da solo, all’inizio degli anni novanta con inserti nei giornali, ho fatto distribuire oltre 1.500.000 di copie di un “volantino” a Monaco, Londra, Amsterdam, New York, Tokyo e in altre grandi capitali. Ho versato, per buona volontà, una goccia nell’oceano. La stessa buona volontà che mi porta oggi, come candidato sindaco di Berceto, a ripetere, grazie sempre ad aiuti filantropici, quell’operazione. I miei volantini, infatti, nei prossimi giorni, saranno ancora distribuiti nelle grandi capitali mondiali.
Tenuto conto, poi, dei nuovi mezzi d’informazione come internet, ho piacere di annoverare nella mia Squadra di Governo, con il suo entusiastico assenso, uno dei massimi esperti del settore che è di origini bercetesi; il Prof. Marco Camisani Calzolari del Politecnico di Milano e collaboratore del Sole 24 ore. Questo scienziato, seppur giovanissimo ma riconosciuto da tutti, è impegnato a promuovere, per gentilezza, per mia richiesta, non solo Berceto ma tutte le Terre Alte. Berceto, infatti, se si salverà non potrà farlo da solo ma insieme a tutti gli altri campanili che svettano sui nostri monti.
Scritto da LUIGI LUCCHI
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