Breve raccontino, lasciando scorrere liberamente le parole, e riflessioni sull’autunno.
Una stagione che si vuole far sempre più assomigliare al più caotico e assolato agosto, quando meriterebbe ben di meglio.
Castagne e cioccolato avranno il loro podio, nel frattempo la musica si abbassa, le luci della giornata si fanno sempre più fioche.
Mettiamoci comodi e godiamoci un attimo di relax.
Meravigliosamente l’autunno, come si suol dire, aiuta la riflessione.
Strano a dirsi per una stagione così carica del rosso acceso della passione.
Innegabile il senso di pace che ti entra nelle ossa durante una passeggiata in un bosco dipinto dei colori dell’autunno.
La temperatura ancora mite non è di alcun disturbo alla quiete che questa stagione sa dare.
Lente giornate che si svegliano sotto una nebbiolina carica di profumi che viene scoperta, come le calde lenzuola del letto prima di posare il nudo piede sul freddo pavimento, risvegliando quel che vi era celato.
Timido sole che pennella di rosso e arancio le pavide foglie ancorate a scheletrici rami.
Ancora poche di loro resistono a coprire le nudità lignee di quel che era e ritornerà ad essere un albero, un bosco fitto d’incanto.
Così come sempre nel ciclo interminabile della vita.
D’improvviso, in questo nascere della luce, il volo di un uccello solitario.
Lento, anch’esso, nel riprendere il ritmo della giornata.
Incurante dei pericoli, si alza a godere dello spettacolo del mondo da quella posizione che, lui, piccolo essere, per bontà divina può ammirare dall’alto dei cieli.
Piccole grandi persone, che oramai la saggezza ha consigliato di non trastullarsi troppo con Morfeo, vagano nei loro pesanti cappotti color cenere per viuzze deserte.
Un lento rintoccare di tacchi scuote le mura sudate da una notte cupa e rigorosa.
Rispettosamente il vento si tiene distante.
Non infierisce su un destino oramai segnato, cosciente del fatto che avrà il modo di divertirsi nelle sue spirali, nel suo arzigogolato gioco.
Nulla potranno i fusti.
Nulla potranno le maestose nuvole.
Nulla potranno le impetuose montagne.
E’ in questa calma apparente di mille piccoli movimenti che il riccio mostra il suo tesoro.
E’ in questo torpore che la campana, timidamente, echeggia nelle valli.
Da anni, ormai, il suo suono non ha più lo stesso significato di tanti, tanti, battiti addietro.
Incurante, prosegue il suo lavoro, ora che, il falcetto fa bella mostra di se in una teca e la lippa fa divertire solo per il nome.
Bene; vieni dunque bronzeo rumore e stimola la chiocciola affinche le persone che ti odono capiscano che esistono.
Di essere.
Noi tutti viviamo, oggi, per dieci giorni di caotico, caldo, stress.
Se fossimo svegliati da questi pensieri quando perdiamo il lume di ciò che è bello, rilassante.
Ciò che ci forma e aiuta.
Ed invece, rimaniamo pecore che fuggono dal caos, in astinenza da caos.
Violentiamo l’autunno con le musiche dell’estate e lo vogliamo far assomigliare al cugino stupido.
Dammi retta autunno: tu, guarda e passa.
Tutti questi pensieri, come il mattino che lascio nel racconto volontariamente alle prime ore, vogliono solo essere l’inizio di un percorso che l’autunno aiuta a percorrere.
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