Stage Beauty

Cinema

Stage beautyCome deve sentirsi un grande attore, un uomo a tal punto innamorato del proprio mestiere da accettare di vestire panni femminili pur di calcare il palcoscenico, da accettare di portare una maschera femminile fatta di luci e di ombre, pur di conservare la propria notorietà?
Come deve sentirsi un attore alla continua ricerca della perfezione mimetica delle emozioni femminili, diviso tra finzione e realtà, quando il proprio successo è inevitabilmente legato alla propria ambigua natura sessuale?
Queste sono solo alcune delle tematiche che fanno di Stage Beauty una commedia irriverente, divertente e appassionante, confermandosi non solo come capolavoro di costume ma nuovo must per gli appassionati del cinema metateatrale.

Era difficile dopo “Shakespeare in love” interessare e stupire ancora il pubblico ad una storia sul teatro del 600’ inglese, eppure questa nuova commedia sui ruoli, i personaggi e l’attore riesce con la sua freschezza, il suo alternarsi di battute salaci e conflitti interiori a riportarci con eleganza ed un pizzico di ironia in un secolo dove il teatro era spettacolo, gioco delle parti, evasione e una vita dura fatta tanto delle invidie di corte quanto del plauso di un pubblico poco avvezzo all’arte.
In questo fermento creativo unico ed irripetibile si staglia la storia a tratti comica, a tratti malinconica di Kynaston un attore teatrale abituato a vestire i panni delle giovani eroine dei drammi shakesperiani, la cui superbia lo porta a dover affrontare le ire della favorita del re, che offesa dal suo disprezzo nei confronti delle donne, convincerà il re ad emanare una legge a favore delle attrici, fino ad allora proibite sulla scena.
Da quel momento il giovane, bello e noto grazie alle sue interpretazioni femminili si troverà solo ed emarginato da chi lo aveva innalzato, costretto a diventare un fenomeno da baraccone, a reinventarsi un lavoro e utilizzare la sua bellezza quasi femminea, per divertire il basso popolo.
Ma per fortuna la buona stella non lo abbandonerà ed alla fine un amore incompreso, quello della bella Maria, lo aiuterà a ricalcare le scene.
Un film decisamente coinvolgente, accompagnato da una scenografia ricca e spettacolare; da ricordare le suntuose sale della corte, i costumi impeccabili ed uno squarcio rubato alla Londra del periodo dal sapore retrò.
Ma anche un film sulla difficoltà di un uomo di capire e stesso, di scegliere la propria identità sessuale e di accettarsi come uomo, di accettare l’ambiguità del successo e di accettare i propri limiti fino a capire che la vera arte si conquista non con la caricatura di quello che si vorrebbe essere, ma con lo studio delle passioni e della sofferenza reali.
Indimenticabili tanto il protagonista, Billy Crudup (già notato in Big Fisch) quanto un Rupert Everett frizzante e “teatrale” nei panni del Re Carlo II, un sovrano eccentrico e lunatico e dalle spiccate quanto vuote doti artistiche.
Decisamente da vedere.

Voto 9

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