Costituzione italiana
Non c’è nessuna nostalgia autoritaria nel sostenere che la nostra Costituzione andrebbe modificata.
Certo, ha risollevato l’Italia moralmente e politicamente dai disastri della dittatura e della guerra.
Anche se può sembrare che la storia ci dica il contrario, perché molte Costituzioni sono nate proprio da conflitti epocali: quella americana dalla Rivoluzione, quella tedesca e nipponica dalla sconfitta del 1945, quella francese dalla battaglia di Algeri.
Ma esistono anche eccezioni, come la Gran Bretagna, che ne fa addirittura a meno.
La nostra Costituzione comincia a sentire il peso degli anni.
Basti pensare all’articolo 42.
Tale norma, attribuendo alla proprietà privata una funzione sociale, sembra porsi in contrasto con l’attuale statuto europeo.
Per non parlare dell’incompatibilità tra le sue regole rigide e la flessibilità normativa richiesta dalle frenetiche trasformazioni di un mondo ormai omogeneizzato.
Per fare un esempio, il ricorso al giudice amministrativo previsto dall’art 24 , è teoricamente una garanzia contro gli abusi dell’autorità.
Ma la sua formulazione rigida lo rende ormai applicabile a tutto, dalla bocciatura dello studente al trasferimento di un funzionario, dalla collocazione di una discarica alla costruzione di un’autostrada, di un aereoporto o di una centrale nucleare.
Con la conseguenza che ogni provvedimento amministrativo, per quanto necessario e urgente, è soggetto alla censura di un potere estraneo e politicamente irresponsabile, che ne vanifica ogni utilità.
Cosicché mentre in Cina si costruisce un ponte di tre chilometri in un anno, in Italia ce ne vogliono dieci per una campata di venti metri.
Mentre il mondo corre, noi restiamo fermi.
Non solo.
In molti casi la Costituzione pare contraddire sé stessa, dato che alcune recenti riforme sono state inserite senza un organico coordinamento.
Così il sistema processuale accusatorio, previsto dall’ art 111, è incompatibile con la composizione del CSM e l’obbligatorietà dell’azione penale, contemplate dagli articoli precedenti.
Ma è incompatibile anche con sé stesso, laddove consente che l’imputato possa ricorrere contro la sentenza di patteggiamento che lui stesso ha chiesto e ottenuto.
Queste cose ormai sono note e in gran parte condivise. Tanto che, anni fa, la Commissione bicamerale presieduta da D’Alema aveva presentato una proposta di riforma coraggiosa, pur risentendo del timore derivato dal fatto che la nostra Costituzione può essere modificata, ma non sostituita.
Ora i tempi sembrano maturi per ripresentare la proposta di riforma, allora accantonata.
Del resto, non sarebbe più attuale parlare di una Nazione democratica fondata sulla libertà e sul lavoro?
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
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