Martino Jasoni un artista da amare

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museo jasoni

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Se Martino Jasoni fosse restato negli Stati Uniti, con i suoi amici artisti, con Walt Disney, di cui è stato capoclasse, con il successo che iniziava a cogliere per le sue mostre personali di acquerelli, noi oggi avremmo un timore reverenziale nei suoi confronti e saremmo orgogliosi di avergli dato i natali.

Avremmo, insomma, da gestire, anche se con poco merito, la fama di un bercetese che avrebbe colto, negli USA, il massimo degli onori in campo artistico con le sue opere che avrebbero raggiunto cifre da capogiro e sarebbero esposte nei musei più importanti del mondo.

Non vedremmo né segantini, né castagni, né panorami di Corchia e neppure contadini montanari intenti a “battere” le castagne secche.

Non si assisterebbe al degrado dei suoi affreschi nell’antica chiesa di Corchia e non si avrebbero discussioni sul museo Jasoni, allestito, mirabilmente, nella casa donata dalla famiglia Corchia al Comune di Berceto.
Non si avvererebbe, insomma, ancora una volta, il detto evangelico: NESSUNO E’ PROFETA IN PATRIA.
Il mio messaggio, cogliendo l’occasione di questa manifestazione per Martino Jasoni, non vorrebbe essere banale ma permettermi, con una riflessione, di avere le idee più chiare e nel contempo rendere partecipi gli altri per avere un aiuto e arrivare a capire meglio e soprattutto cercare di non essere connivente, come Sindaco, con una mentalità che provoca, anche in buona fede, danni alla collettività e non aiuta a compiere, per il futuro, scelte migliori.
Non sono un esperto d’arte e non saprei valutare l’arte di Martino Jasoni. Mi fermo ai primordi e dico che mi piace e che alcuni suoi carboncini mi dettano forti emozioni. Sono stato testimone dello strabiliante stupore, soprattutto per le opere del periodo americano, dipinte da un Jasoni ragazzo, del famoso critico d’arte Roberto Tassi quando l’ho accompagnato a Corchia alla fine degli anni ottanta grazie a Carla Ghirardi.
Ho scoperto Jasoni grazie a una pagina sulla Gazzetta, molto bella, di Tiziano Marcheselli, scritta, credo, negli anni sessanta e l’avevo “scopiazzata” come corrispondente della Gazzetta dopo circa un decennio, negli anni settanta, per riparlare di questo artista bercetese e soprattutto della sua storia. I suoi acquerelli, con una venerazione da mecenate, me li ha fatti ammirare e conoscere Giuseppe Cavazzini che li teneva esposti, con orgoglio da esteta, nei suoi uffici di Parma.
Si dimentica anche Giuseppe Cavazzini (il barbetta), questo bercetese, che forse per primo, ha tentato di dare la meritata fama, purtroppo postuma, a Martino Jasoni
Conosciuta la vita di Martino Jasoni, immaginata la sua macerazione interiore nei campi e nelle stalle di Corchia, appreso il suo senso di giustizia, il suo ideale socialista, le sue azioni per tutelare i deboli e indifesi cittadini di Corchia che si sarebbero visti scippato, senza l’intervento coraggioso di Martino, il merito di aver costruito le scuole a favore di qualche “gerarchetto” fascista, ho sempre cercato, senza successo, di contribuire a dargli l’onore d’artista, di grande artista, che non ha avuto in vita e che forse, addirittura, gli comportava, proprio nella grama vita di Corchia, incomprensione se non derisione.
A Corchia, in quegli anni, si era valutati se si sapeva coltivare un campo, accudire al bestiame, pulire la stalla e non certamente se si sapeva dipingere, se si sapeva creare il colore, magari dal petrolio e da intrugli vegetali perché non c’erano i soldi per comprarlo.
Ci sarebbero problemi oggi, non solo a Corchia, ad accogliere, nei giusti modi, un artista vero che si trovasse, improvvisamente a vivere tra noi. Immaginare allora.
E’ un cruccio non riuscire a dare il giusto valore a questo artista che sento particolarmente vicino leggendo i suoi scritti, i suoi quattro quadernetti, definiti impropriamente diari.
L’ho immaginato, tra i brontolii della moglie per il consumo di candele o carburo della lucerna, scrivere questi quaderni, fantasticare sui ricordi di New York, sulla sua giovinezza, sulle occasioni perse per troppo amore filiale.
La “sfiga” d’essere anche figlio unico in un momento in cui tutte le famiglie erano numerose.
Martino Jasoni doveva restare a New York, cogliere i frutti del suo talento.
Eccolo invece a Corchia a “bestemmiare” per l’aridità della terra, l’ottusità degli intellettuali italiani, la costrizione di dover essere, se si voleva successo, un intellettuale, un artista, organico al Partito Fascista.
La solita Italietta.
Eccolo qui uno dell’avanguardia intellettuale di New York, “impuffato” in un paese dove sono poche anche le ore di sole, confrontarsi con amore con i problemi del suo paese, della sua gente e cercare di dare il suo contributo con un’umiltà stupefacente.
Eccolo qui in “esilio”, relegato, imprigionato in una natura che lo affascinava ma che era matrigna e veniva domata dal sudore dei suoi contadini, dei suoi segantini, dalle sue famiglie di povera gente.
Eccolo qui, credo incredulo, a sfidare un destino beffardo che lo portava dalle luci di New York alle lucerne di Corchia.
Un incubo che sarebbe finito. Sarebbe bastato il risveglio.
Jasoni, a mio avviso, per non impazzire, si aggrappava a questa mendace illusione del risveglio anche se gli anni passavano. Si sarebbe risvegliato a New York tra i suoi amici artisti che lo ammiravano e lo consideravano il migliore per la sua capacità d’innovare la pittura e far nascere la pittura americana.
L’incubo sarebbe terminato con il risveglio.
Un’illusione come illusorio, per non impazzire, erano le sue partecipazioni a mostre, in Italia, nella speranza che apprezzassero, addirittura, l’avanguardia americana che pulsava, seppur in embrione, tra gli amici di Martino, nella grande New York piena di fermenti e mecenati.
Tutto restava immobile e i bisogni veri erano quelli di campare, di mantenere la famiglia, di lavorare la terra e restare chiuso a Corchia.
Diventare normale anche per i suoi concittadini
Se avessimo ancora persone capaci di raccontare la mitologia antica si troverebbe per Jasoni, più che per Prometeo e altri, la beffa degli Dei che lo punivano chissà per quale dono si fosse fatto promotore presso l’umanità intera.
La vita di Jasoni, la sua macerazione interiore trova posto, potrebbe trovare posto, solo nella mitologia, nello scontro tra divinità, nei dispetti che queste volevano fare agli uomini migliori verso i quali soffrivano di gelosia.
Sappiamo tutti, però, che la mitologia è finita, non è più creduta, e allora resta un artista bravo che ha subito la beffa di dover abbandonare il luogo dove si stava affermando, bruciando le tappe, e dover venire a vivere in un posto in cui gli era preclusa qualsiasi affermazione artistica.
Se Michelangelo, dopo i suoi primi lavori fosse stato rapito e portato su un’isola deserta non conosceremmo la Cappella Sistina ma nell’animo di quell’artista questa sua opera d’arte esisteva.
Possiamo immaginare il dolore dell’uomo che non poteva dimostrare nulla.
Jasoni era giovanissimo, come artista all’avanguardia a New York, rapito dagli affetti familiari ha dovuto vivere a Corchia e regredire nella pittura.
Come detto mi piacciono i suoi segantini, i suoi contadini ma Jasoni, grande artista, è quello del breve periodo americano e per fortuna diversi di quei quadri li ha voluti portare a casa, portarli con se. Forse sperava di potersi far valutare per quelli e invece dovette nasconderli, mostrarli presumibilmente solo a pochi per non essere deriso. Prese a dipingere in modo diverso esprimendo il suo buon animo per farsi capire da quanti lo circondavano. Voleva entrare nei loro cuori senza pretendere di stravolgerli e anche per questo abbelliva, con un suo affresco, la chiesa del paese.
Mi dilungo troppo a parlare di un artista e non ne sono all’altezza e invece il desiderio è quello di “usare” Jasoni uomo, bercetese, per trarre, per primo un insegnamento e cercare di condividerlo con tutta la Comunità.
Mi pongo il quesito se il dolore di un uomo, la grandezza di un uomo, quanto fatto da un uomo, si esaurisca, a Berceto, con la sua morte. Nel caso di Martino Jasoni avvenuta nel 1957.
Nel nostro paese succede spesso o ho l’impressione che succeda e direi sempre.
Non siamo propensi, a mio avviso, a ricordare quanto fatto da altri e trarre degli insegnamenti dalla loro vita, continuare la loro opera nella parte positiva, quella che può aiutare il nostro presente e il nostro futuro.
Ho la sgradita sensazione che una persona a Berceto possa essere vissuta in vano.
Il suo ricordo, anche nella parte pubblica della sua vita, è lasciato solo alla famiglia, ai suoi cari.
Non sappiamo, insomma, trarre insegnamenti dal passato.
Viviamo come sradicati.
Sono tanti gli esempi di persone che ho conosciuto, anche bene, e che pare siano stati dimenticati dalla nostra piccola Comunità.
Voglio interrogarmi su questo e cercare, invece, che il loro insegnamento diventi utile per le scelte che dobbiamo compiere, tutti insieme, per il futuro.
Nel caso di Jasoni, poi, il desiderio di attribuire la dovuta fama a un artista, anche se postuma, si sposa con il compito di Sindaco di trasformarla anche in una risorsa per il nostro Comune, il nostro territorio, la nostra gente.
Ho sempre immaginato, interessandomene, e molto, seppur con scarsi risultati, che le opere di Martino Jasoni debbano essere esposte, in modo permanente, a New York e che la sua vita, le sue tribolazioni, le sue avventure, non dozzinali, potessero essere la trama di un film da girare a New York e nei nostri posti.
La vita di Jasoni ha una caratura che può essere fatta conoscere proprio attraverso il cinema.
Ho sperato, grazie all’impegno di Giorgio Orlandini e Baldassarre Molossi, che la pubblicazione dei suoi quaderni, a puntate, sulla Gazzetta di Parma, avvenuta nel febbraio del 1989, potesse suscitare l’interesse della vasta platea di lettori e trovare qualcuno che avesse le giuste entrature.
Ho diffuso, in Regione, Provincia, presso i produttori cinematografici che conoscevo, come la Tangram films (Prato delle Volpi) una piccola biografia e un soggetto cinematografico su Jasoni, per sondare l’ambiente cinematografico.
Ho portato tanti esperti, tanti critici, a Corchia, ma escluso l’ottimo Marzio Dall’Acqua non c’è stato costrutto e solo Marzio, grazie alla sensibilità dell’avv. Walter Gaibazzi è riuscito, con un catalogo, fare una mostra, ben curata, a Borgotaro, nel 2003 e quindi a Berceto nel 2004
Azioni che hanno portato, poi, alla realizzazione del museo Martino Jasoni all’interno di casa Corchia, donata dalla famiglia, al Comune di Berceto.
Un museo bello ma svincolato, purtroppo, dai circuiti che contano e le tante persone che vanno a Corchia vanno prevalentemente per le Miniere, vanno per la pizza.
Sarebbe servito il coraggio, dissacrante, di realizzare questo museo a New York o quanto meno a Parma per far innamorare dell’artista e quindi dei luoghi in cui ha vissuto.
Un museo che vogliamo mantenere, visto che c’è, grazie anche al volontariato della famiglia Jasoni, ma che deve essere, con l’aiuto di tutti, rilanciato, fatto conoscere, diventare il centro di attività culturali almeno della Provincia di Parma.
Il nostro paese, e questo è il mio timore, non riuscirà in nulla se non arriverà la conversione delle nostre coscienze, del nostro stato d’animo, del nostro senso di giustizia e capire l’importanza del bene comune, degli obiettivi comuni da raggiungere.
Il banco di prova può essere di prestare più attenzione, riconoscendogliene i meriti, a quanti ci hanno preceduti per trovare la capacità di valorizzare ognuno di noi in un rapporto più fraterno, di attenzione per l’altro ed essere quindi buoni cittadini che si interessano, con ingegno e passione al bene comune.
Entrare in questa mentalità, in questo spirito, significa, a mio avviso, riuscire a comprendere e apprezzare il dolore dell’artista Martino Jasoni e dargli quella considerazione che non ha avuto, come artista, in vita.
Se non siamo capaci di avere questa sensibilità, a mio avviso, non sapremo ricercare e ottenere quei risultati positivi che ancora oggi l’arte di Jasoni potrebbe offrire, come sviluppo, al nostro paese.
Gli anni 2000 non possono essere considerati come gli anni venti che hanno visto Martino Jasoni chiuso a Corchia. Oggi ognuno è collegato, se vuole, con il mondo, e a conoscenza del mondo va posta, da tutti noi, la vita e l’arte di Martino Jasoni.

Il Sindaco
Luigi Lucchi

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