Una storia che era la loro

Attualità e Società

Intervista a Claudio ChieffoIntervista a Claudio Chieffo
I festeggiamenti per l’inaugurazione, a Mosca,della nuova sede del Centro Culturale Biblioteca dello Spirito sono culminati, la sera del 20 novembre, nel concerto del noto cantautore italiano Claudio Chieffo.
Chi c’era, riferisce un evento appassionante di incontro e di amicizia, dove italiani e russi si sono ritrovati insieme a cantare e ad ascoltare una testimonianza che ha il dono di rispecchiare in bellezza il senso vero della storia e delle vicende di ciascuno.
Claudio ci accompagna da anni, con le sue canzoni, con il suo stile caratteristico ed il suo tratto artistico inconfondibile, a riflettere, a divenire più consapevoli dell’esperienza cristiana, così come dell’esperienza umana nei suoi aspetti più profondi e veri.
Sono tanti – ma proprio tanti – i giovani, delle generazioni che vanno dagli anni ’60 ad oggi, per i quali le canzoni di Chieffo hanno rappresentato un insegnamento impagabile di fede e di vita.
Gli rivolgiamo alcune domande.

Sappiamo che ormai da anni viaggi nei paesi dell’est europeo.
Raccontaci un po’ quello che hai fatto, per tanto tempo, in condizione di clandestinità.

-Ho cominciato ad andare a cantare clandestinamente nei paesi dell’est europeo seguendo le indicazioni di don Francesco RICCI, sacerdote e mio amico che si recava di nascosto in quei paesi e aveva una fitta trama di rapporti con uomini di cultura, cattolici e non, che resistevano a costo della loro libertà e volte della stessa vita, alla censura imposta dal regime marxista.
Dove lui era già stato o dove non poteva più andare, mandava me con la mia chitarra e le mie canzoni.
I primi concerti clandestini li ho fatti in un granaio di un paesino della Slovenia (allora Yugoslavia di Tito !), di notte, senza luce, per un centinaio di giovani chiamati dal loro prete, Padre Vinco, che si era già fatto un bel numero d’anni di carcere.
Poi a Lubjana, Zagabria e Belgrado.
Gli anni successivi sono poi andato oltre che in Yugoslavia ripetutamente, in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, sempre con le medesime modalità.

In tutti questi viaggi, che cambiamenti hai visto nella gente, che differenze hai percepito?

– L’anelito di Libertà e di Giustizia e Verità nelle persone che incontravo era palpabile e crescente: si avvertiva il desiderio di una liberazione che era, nelle persone che incontravo (uomini di cultura perseguitati o semplici contadini e artigiani) una liberazione anche più grande di quella politica.
Aparte il fatto che mi sembravano già molto più liberi loro dei loro “carcerieri”.
Generalmente la gente che si incontrava per strada, o nei treni, o nelle campagne, aveva occhi pieni di una tristezza infinita.
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ma quando la dignità non aveva lasciato il posto alla birra, erano occhi pieni anche di fierezza; gente che nemmeno il comunismo aveva piegato.
Era gente che si aiutava molto, gli uni gli altri, a resistere e a cercare qualcosa per cui valesse la pena lottare.
Devo dire che chi aveva incontrato Cristo e la Chiesa era, generalmente, più sereno.
Le cose sono cambiate abbastanza dopo la caduta del Muro di Berlino, perché molti, che si erano finalmente liberati dal comunismo, sono diventati preda del consumismo.
I modelli occidentali si sono imposti con i loro pregi e difetti.
Però almeno ora le persone possono scegliere.
Cresce così anche la responsabilità di chi, avendo incontrato Cristo e la Chiesa, non annuncia la Vera Salvezza.

Che cosa pensi di aver comunicato di te e della tua esperienza, che cosa vorresti che fosse rimasto?

-In realtà io che andavo a cantare pensando di aiutare quelle persone, ricevevo molto di più di quel poco che davo.
Ma siccome il Signore è buono e misericordioso, la gioia e l’aiuto erano reciproci.
Vorrei che fosse rimasto il senso di quel mio desiderio di condividere, che in realtà non è un mio desiderio, ma la strada che Dio ci insegna per aiutarci a volerci e a volerGli bene.

Puoi raccontarci qualcosa del tuo concerto, per come tu stesso lo hai vissuto? Che percezione avevi del pubblico che e venuto ad ascoltarti e del suo bisogno, del suo atteggiamento?

-Per quanto riguarda il mio concerto a Mosca, devo dire che per me personalmente è stato un dono che gli amici di Russia Cristiana abbiano voluto concludere l’inaugurazione della Biblioteca dello Spirito invitandomi a cantare le mie canzoni.
Devo dire che prima del concerto ho avuto come la consapevolezza che tutto era già stato fatto e che io dovevo solo stare attento a non rovinare niente: infatti, il concerto era inserito in un grande momento d’unità tra ortodossi e cattolici.
Era palpabile ed avvertibile anche dai più distratti che l’attesa del concerto era in realtà l’attesa di un evento che andava ben oltre il concerto stesso.
Erano tutti desiderosi di ascoltare una storia che era già, o poteva essere, anche la loro.
E così è avvenuto, con grande e profonda partecipazione di tutti.

Hai qualche episodio indicativo di quello che questo incontro ha lasciato?

Il calore con cui sono stato accolto e “adottato” come nonno da tutti i giovani e meno giovani presenti si è concretato in tanti piccoli episodi che cercherò di non dimenticare; il più “strano”, ma ugualmente gratuito è stata la presenza “casuale”( ma io non credo al caso) di un giornalista italiano che poi ha scritto un bellissimo articolo sul concerto (Pietro Vinciguerra,”Mezzanotte a Mosca”, N.d.R.).

A te, cosa ha lasciato?

-A me questo avvenimento ha lasciato la gioiosa consapevolezza che quello che ho avuto io è unico ed io ne voglio essere felicemente responsabile fino alla fine.

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