Per l’anatocismo è tempo di recupero!

Attualità e Società

interessi AnatocisticiLa Corte di Cassazione a sezioni riunite è tornata a trattare l’argomento degli interessi anatocistici praticati dalla banca con la sentenza n. 21095 del 04 novembre 2004, in base alla quale, per l’inesistenza dell’“uso normativo” concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi, ogni clausola è nulla con effetto retroattivo.

Gli interessi anatocistici sono definibili come gli interessi sugli interessi già maturati. Il fenomeno dell’anatocismo si verifica a causa della capitalizzazione composta che genera l’assimilazione degli interessi maturati alle somme costituite in capitale, ne segue che tali somme producono, a loro volta, ulteriori interessi.
La disciplina di riferimento è individuata dall’art. 1283 c.c. il quale stabilisce che in mancanza di usi contrari, ed in presenza di un debito di valuta e non di valore – gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziaria o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
Da sempre nel settore bancario tale disciplina generale del codice civile è stata oggetto di deroghe. Gli “usi bancari” infatti prevedevano che sugli interessi debitori, fossero applicati interessi composti al termine di ogni trimestre (con periodicità inferiore a quella semestrale prevista dall’ art. 1283 c.c.).
A partire dal 1981, la giurisprudenza con indirizzo costante riteneva che nei rapporti tra banca e clienti esistessero degli “usi normativi” tali da consentire alle prime di pretendere interessi anatocistici.
Con tre ravvicinate sentenze emesse nel corso del 1999, la Corte di Cassazione ha rovesciato il proprio tradizionale orientamento, affermando che le previsioni contenute nei contratti di conto corrente bancario aventi ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, debbano considerarsi nulle per contrarietà all’art, 1283 c.c. Infatti, la prassi della capitalizzazione trimestrale degli interessi non sarebbe autorizzata da alcun “uso normativo” preesistente al Codice Civile del 1942, ma da un mero “uso negoziale” privo di alcuna forza di legge.
Questo nuovo orientamento, a causa delle conseguenze economiche che si sarebbero riversate sugli istituti di credito, ha spinto il legislatore ad intervenire con il c.d. “Decreto Salvabanche” n. 342/99 il quale prevedeva che le clausole nelle quali erano previsti interessi anatocistici, erano valide ed efficaci fino al 9 febbraio 2000.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 425/2000 è intervenuta dichiarando l’illegittimità costituzionale della previsione contenuta nel “Decreto Salvabanche”, per eccesso di delega. Tale intervento ha dato luogo a innumerevoli contenziosi, aventi ad oggetto le pattuizioni anatocistiche contenute nei contratti bancari stipulati prima della delibera del CIRC del 22 aprile 2000 in base alla quale nei conti correnti gli interessi sia passivi che attivi sono dovuti con la stessa periodicità.

Alla luce di tali considerazioni molti consumatori hanno citato in giudizio gli istituti di credito chiedendo la ripetizione degli interessi composti trimestrali addebitati in più.

E veniamo ai nostri giorni… la pronuncia del 4 novembre 2004 ha ripercussioni importanti in capo ai correntisti, clienti delle banche nei quali si è riaccesa la speranza di un effettivo rimborso, ma si presenta altresì come una minaccia per gli istituti di credito uniti alla voce del presidente dell’ABI che ha annunciato il ricorso alla Corte di giustizia europea…

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