La scoperta del bosone di Higgs

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Il 4 luglio 2012, a pochi minuti dall’inizio di un’attesissima conferenza annunciata dal CERN qualche giorno prima, tutte le home page dei maggiori quotidiani del mondo, tutte le agenzie di stampa e tutti i telegiornali del mondo riportavano, con grande enfasi, la notizia della scoperta del bosone di Higgs.

La grande eccitazione provocata da questa scoperta non era dovuta alla semplice “scoperta” di una nuova particella. Già nel mese di aprile, l’esperimento CMS aveva annunciato la scoperta di una nuova particella [2] (il barione Xib), mentre la collaborazione ATLAS aveva osservato il bosone Csib.

Nessuna di queste scoperte aveva destato una reazione simile a quella prodotta dall’annuncio della scoperta del bosone di Higgs. Come mai? La risposta è semplice: i fisici sanno da tempo che i protoni che formano la materia ordinaria non sono particelle elementari, ma sono costituiti di quark. Di quark ne conosciamo sei e le particelle scoperte nei mesi precedenti non sono altro che combinazioni diverse di questi sei quark, mai osservate prima perché rare, ma facilmente prevedibili. In un certo senso la loro esistenza è una naturale conseguenza dell’esistenza dei quark.

A differenza di queste particelle il bosone di Higgs, pur essendo stato predetto quasi 50 anni fa, ha una natura completamente diversa e la sua esistenza non è affatto scontata. Il bosone di Higgs non è infatti una particella come le altre, ma la manifestazione di un nuovo campo (potremmo dire di una nuova forza fondamentale) che, interagendo con esse, fornisce alle particelle di materia la massa che le caratterizza. Prima dell’ipotesi di Higgs la massa delle particelle era pensata come una qualche proprietà intrinseca delle particelle, un po’ come la loro carica elettrica.

Con la scoperta del bosone di Higgs, invece, la massa delle particelle (e quindi di tutti gli oggetti) si deve attribuire a un effetto dinamico: per loro natura i corpi sarebbero privi di massa e tenderebbero dunque a muoversi tutti alla velocità della luce. Secondo la teoria della relatività, infatti, la massima velocità alla quale si può muovere un corpo è quella della luce e tale velocità si può raggiungere solo se il corpo ha massa nulla. Capite bene che un Universo in cui tutte le particelle si muovono alla velocità della luce non assomiglierebbe per niente al nostro! Secondo l’ipotesi di Higgs l’Universo è permeato da un campo (da una forza) che agisce nello stesso identico modo in tutti i punti.

Questa forza, in qualche maniera, trattiene le particelle ostacolandone il moto. Le particelle così sono costrette a muoversi con una velocità necessariamente minore di quella della luce e questo corrisponde a possedere una massa. Allo stesso modo in cui il campo elettromagnetico interagisce con sé stesso propagandosi nello spazio, permettendo la propagazione dei segnali elettromagnetici sotto forma di onde e la trasmissione dei segnali wireless (come nel caso dei telefoni cellulari, di Internet Wi- Fi, etc.), il campo di Higgs interagisce con sé stesso e si propaga nello spazio.

Nel fare ciò incontra la stessa difficoltà incontrata dalle particelle di materia: la propagazione è resadifficoltosa dal fatto che, per spostarsi, il campo deve attraversare sé stesso, che lo trattiene e ne riduce la velocità, facendolo apparire come una particella dotata di massa: il bosone di Higgs. L’esistenza e l’omogeneità del campo di Higgs è una conseguenza del fatto che, nel modello, il vuoto è una condizione altamente instabile. Uno stato nel quale sia presente un campo di Higgs risulta più stabile del vuoto, per effetto dell’auto-interazione del campo. Di conseguenza risulta più semplice immaginare (almeno dal punto di vista qualitativo) come sia stata possibile la nascita dell’Universo: un Universo vuoto è meno stabile di un Universo in cui è presente un campo di Higgs.

Se un campo di Higgs si produce per effetto di una piccola fluttuazione quantistica, in assenza di altri campi tende a sopravvivere e a non essere ri-assorbito nel vuoto, così come una palla in equilibrio sulla sommità di una discesa tende a non tornare nello stato iniziale se un piccolo refolo di vento la sospinge: tenderà piuttosto a rotolare giù sempre più velocemente. La scoperta del presunto bosone di Higgs è stata resa possibile grazie all’impiego di strumenti scientifici realizzati da team internazionali con un rilevante contributo italiano, attraverso poderosi investimenti da parte di Stati appartenenti a Europa, America e Asia.

La macchina acceleratrice (LHC) e i rivelatori che hanno prodotto la scoperta (ATLAS e CMS) hanno frantumato tutti i record finora esistenti nel campo della Fisica delle Alte Energie [5]: LHC è l’acceleratore più grande (27 km di circonferenza), più potente (8 TeV nel centro di massa, aumentabili fino a 14) e luminoso (40 milioni di collisioni al secondo, con fino a 40 collisioni singole protone-protone per ciascuna intersezione dei fasci) che si sia mai costruito; è anche l’oggetto macroscopico più freddo dell’intero Universo, trovandosi a -271 gradi centigradi.

Allo stesso tempo, nel punto di collisione si raggiunge la temperatura più alta della Galassia e il vuoto al suo interno è più spinto che in qualunque altro punto dell’intero Sistema Solare. ATLAS è il rivelatore più grande del mondo (25 m di diametro, potrebbe contenere la metà della cattedrale di Notre Dame de Paris), mentre CMS è il più pesante (12700 tonnellate; la torre Eiffel ne pesa 7300!). Per non parlare del sistema di calcolo che impiega centri distribuito sull’intero globo terrestre e connessi ad altissima velocità, con centinaia di migliaia di CPU e alcune decine di PB (1000 TB = 1 milione di GB) di spazio disco.

Giovanni Organtini – Dip. di Fisica “Sapienza”, Università di Roma & INFN-Sez. di Roma

[1] http://cdsweb.cern.ch/record/1459565
[2] http://arxiv.org/abs/1204.5955
[3] http://arxiv.org/abs/1112.5154
[4] Peter Higgs: “Broken Symmetries and the Masses of Gauge Bosons”. Physical Review Letters 13 (16): 508–509 (1964)
[5] http://public.web.cern.ch/public/en/lhc/Facts-en.html

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