Seduto a gambe incrociate su una panchina, nel cortile di mia suocera a Collevecchio, con il gatto Romeo coricato sulle mie scarpe. Guardo l’oscurità avvolgere il Soratte. Oggi ha fatto molto caldo. Adesso che si è fatta notte ci sono sempre venticinque gradi. E’ la fine di luglio. Allungo il braccio verso la bottiglia di Corvo bianco, me ne verso un dito. Avvicino il giornale agli occhi. Leggo. Passo le dita tra il pelo di Romeo. Miagola, contento. Certo, è un gatto che puzza di gatto, ma gli sono grato che stia spaparanzato sulle mie scarpe. Allora, cosa leggo? Ecco. La polizia ha individuato una scuola di terrorismo in una moschea alla periferia di Perugia. Una cellula vicina ad Al Qaida. Sembra che nella moschea non si praticasse solo l’adesione ideologica ma un addestramento pratico alle azioni terroristiche. Difatti gli inquirenti ritengono che il gruppo adottasse un sistema operativo analogo a quello dei sostenitori della jihad globale, un terrorismo diffuso fatto di atti di violenza di piccole cellule non legate da strutture stabili. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha fatto presente che l’indagine “ha portato a individuare l’utilizzo della moschea a fini di attività terroristica vera e propria. C’è, quindi, necessità di mantenere sempre alta l’attenzione verso luoghi che dovrebbero essere solo di attività religiosa”. Mi fa paura questa notizia. Ben ha fatto, quindi, Prodi a complimentarsi con Amato e con le forze di polizia, sostenendo che l’operazione “ha consentito al Paese di sottrarsi ad una temibile minaccia”. Sono d’accordo. Insegnare il terrorismo oltrepassa la soglia di tolleranza consentita tra italiani e stranieri. Cosa dite? A voi non vi importa nulla di questi discorsi? Lo so, ora ne sono al corrente. Il problema, però, non è l’attività religiosa. E’ la violenza. E non è certo chiedere troppo di chiudere subito tutte le cellule terroristiche presenti in Italia. Smetto di leggere, do un’occhiata all’orologio, poggio il giornale sulla panchina. Di lì a un quarto d’ora andrò a letto. Con la mano sinistra intorno a Romeo, la mano destra intorno al bicchiere, fisso la montagna, dritto negli occhi. Ma la montagna non si prende la briga di ricambiare lo sguardo. Mi ignora, orogliosamente.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
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