Guardo la TV.
In Europa gli ospedali vanno a pezzi.
In Cina campagne allo stremo.
In America latina case confiscate.
In Africa corpi di bambini avvelenati con cibi sospetti.
Nei paesi integralisti menti all’ammasso.
In Iran lo spirito vitale del paese straziato, ridotto all’ultimo respiro.
Nei paesi dell’est i posti di lavoro si assottigliano.
Basta, non ce la faccio più.
Spengo la TV.
Mi rilasso pensando che in ogni caso queste inevitabilità non hanno nulla a che fare con me.
Sono cose che succedono a migliaia di chilometri di distanza, dall’altra parte dello schermo televisivo.
Vicino a me Gabriele, mio figlio grande, dice: “Qual è il senso di quello che sta accadendo? Chi è responsabile di questo stato di cose?”
Rispondo: “non è il caso di allarmarci troppo davanti a quello che abbiamo visto”.
Questo commento è accompagnato da un’occhiata molto significativa di Gabriele, che lo induce a puntare il dito su di me e a farfugliare con rabbia: “Hai del pelo sullo stomaco, papà, a stare qui senza far nulla!”
Soppeso la risposta: “E’ inutile cercare dei capri espiatori”.
Gabriele, dondolando la testa perplesso, esce.
Penso di aver sempre attribuito al destino un valore positivo. Ritengo che tutto sia arbitrario. Ci sono cose di fronte alle quali si è impotenti. Che grandi interessi stiano dietro al rendere l’esistenza di gente sfortunata ancora più dura di quanto non sia.
Non sono un ministro, un guru accademico o qualche dirigente con un posto nel comitato di elaborazione delle linee operative di qualche importante ente, ma solo un funzionario statale.
Cosa posso fare io?
Questo: chiamo il piccolo Alessandro e insieme a mio moglie vado a vedere il tramonto sul mare.
A kiss and a big hug.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
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