Ad un certo punto non vuole dire di essere arrivati ad un punto certo della vita.
Bisogna pensare al passaggio, rapido e se vogliamo incolore, inodore, intangibile, in questa nostra esperienza su questo mondo come ad un battito di ali di una leggera farfalla.
Un tempo lunghissimo.
Un’infinita quantità di granelli di sabbia che scorrono in un’immensa clessidra.

La continua ambiguità di questo tempo concessoci che non renderebbe nulla di creato vero e tutto l’astratto tangibile.

Bizze del tempo che passa.

Chiaro mi è a questo punto, in questo primo giorno di primavera, che le cose mi passano sotto al naso e non ci si può fare niente.

Già, perchè non è un problema mio, come molti di vuoi già starete pensando, la verità, se mai ce ne fosse una, è che non abbiamo il controllo su tutto quello che succede.
A noi è data solo l’illusione di questo.

Il nostro giallo, vero, lucente, gioioso, che vorremo abbellisse i muri della nostra camera da letto non è lo stesso giallo che vede un’ape prima di posare il suo pungiglione su di una bella peonia.

Così quello che fino a prima poteva essere una nostra scommessa da questa ottica viene messo in discussione.

Il fatto è che non sono un’ape e che mi piace sempre perdermi nelle bellezze di questo mondo, così, visto che è primavera non mi svegliano, come a tutti, i sensi ma ho malinconia.
Mi mancano suprattutto gli spruzzi del mare sbattendo sugli scogli in una calda giornata d’agosto.

Mi manca il mare.

Ho visto per la prima volta il mare di sfuggita, chiuso in un vagone di un treno che, non mi ricordo dove mi portasse ma quell’immagine, il mare che compare subito dopo una galleria per poi ritornare occultato alla mia vista dalla successiva, fu
un vero spettacolo.

Dovetti aspettare ancora altro tempo, da bambino, per rivederlo.
Quel tempo che nei ricordi adesso è passat così velocemente ma che allora ci mise mesi fatti di un’infinità di secondi allineati in fila indiana.

Andai al mare da solo ricordo.
Ripensandoci però, non sono così sicuro, non mi tornano alcune cose che però a voi non interssano e quindi continuerò a raccontare.

Una cosa è certa, mi trovavo a Chiavari dove non ci sarà niente ma si può trovare tutto.
Io una cosa l’ho trovata: il  mare appunto.
Ricordo lo stupore nel vedere il mio sguardo poter spaziare in un campo vastissimo fatto di un blu che, piano piano, diventa un pallido azzurro fino a che non si distingue l’acqua dal cielo.

Ne rimasi rapito per molti istanti.

Sarà l’essere nato dove il mare è al di la delle montagne e scontrarsi sempre con le asperità di queste sia con lo sguardo sia sotto le pedalate in bicicletta che il mare mi ha colto d’improvviso e sempre intrigato.

Sogno di avere una barca per poterlo solcare e abitare in un faro per la sua quiete fatta di tanti piccoli rumori.

Vorrei una casa sulle sue coste per potermi svegliare per lui ed addormentami con lui.

Mangio i suoi frutti che hanno forme e gusti talmente strani che non è possibile non amare.

Insomma ad un certo punto il mare mi ha stregato e anche se lo vedo di tanto in tanto, mi piace portarmelo sempre nel cuore.

Dedicato a chi con il mare ci lavora, ci suda o ha la possibilità di vederlo ogni giorno dalla finestra come molti miei amici. E’ stato lo sfondo di molte mie giornate allegre e, spero, lo sarà ancora.

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