il premio
Tre salti temporali, tre cortometraggi che comprendono quarant’anni di cinema Italiano.
Coinvolti nel progetto “Per Fiducia” sono tre registi originali, che portano tre idee di cinema fortemente diverse, fortemente personali.
E’ quindi molto interessante vedere come il progetto sia riuscito ad integrare tre identità registiche così diverse, cercando di veicolare un messaggio comune che è, appunto, la fiducia.
Partiamo dal più giovane: Sorrentino, classe 1970, è uno dei registi più personali, più originali che vi siano oggi in Italia. Venerato dalla critica, è in un momento di grande visibilità in tutto il mondo, con articoli su New York Magazine (addirittura: “Cinque motivi per cui Paolo Sorrentino salverà il cinema”) e The Guardian. Il suo cortometraggio, “La partita lenta”, riesce ad essere personale, originale ed evocativo. Rappresenta una evoluzione naturale del proprio cinema, non viene sacrificato dalla durata ridotta, ma anzi si esalta nei tempi ridotti, può giocare di sottrazione fino ad arrivare all’essenziale, allo sport, alla fatica, ai suoni stridenti, al fango, al bianco e nero. L’immane sforzo che viene raccontato nella storia ha senso ed è coronato dal successo perché tutti sanno qual è il proprio compito. Non servono parole. Fiducia è sapere di poter contare su chi ti sta accanto e corre con te.
Gabriele Salvatores, nato nel 1950, mantiene intatte le caratteristiche del proprio cinema. Al corto, “Stella”, appartiene lo stile caro al regista napoletano. Close-up sui visi e sugli sguardi dei personaggi, stacchi di camera e montaggio che seguono le emozioni del testo, colori ed ambienti un po’ oppressivi, soffocanti, mancanza di un orientamento spaziale (la stazione di servizio, il ristorante, sembrano posati nel nulla). Prosegue nel filone narrativo del regista quindi, iniziato nel 1996 con Nirvana, dopo i grandi successi dei film “di fuga” come Turnè e Marrakesh Express. Come per Sorrentino, non perde di incisività pur essendo “intrappolato” nei dieci minuti del corto. A differenza de “La partita lenta”, perfetto così com’è, il corto di Salvatores si presta ad un eventuale adattamento a lungometraggio. I personaggi, tutti femminili, sono ben caratterizzati, e lo stesso regista pare soddisfatto di avere avuto l’occasione di dirigere un’opera tutta “al femminile”: “mi sono sentito per la prima volta libero di creare, sganciato dalle solite logiche di mercato e, visto che tutti mi hanno sempre accusato di non raccontare mai personaggi femminili nei miei film, mi sono anche levato questa piccola soddisfazione”
La storia è semplice. Un colloquio di lavoro, un rapporto che si stringe grazie al felice cortocircuito di tre atteggiamenti: sincerità (da parte di chi si propone), comprensione e assenza di pregiudizi (da parte del datore di lavoro). L’apertura è la base per la collaborazione, per lasciare spazio ai fatti.
Olmi, classe 1931, reduce da un “film testamento” come “Centochiodi”, film spacca-critica della stagione 2007, definito “un’opera profondamente cristiana e ferocemente anti-clericale”. Controverso, certo, e con uno stile ben preciso che si porta dietro dai trionfi degli anni ’70, dell’”Albero degli Zoccoli”, fino al “Mestiere delle Armi”. Nel corto “Il Premio” viene meno quella cifra stilistica che lo rende unico e immediatamente riconoscibile. Mancano le profondità che le sue inquadrature sanno evocare. La trama stessa appare ingenua, da favola. Constata la “diversità” de “Il premio” dalla precedente produzione di Olmi, tuttavia, non si può fare a meno di domandarsi se questa sensazione di ingenuità sia voluta. Perché per esempio non potrebbe rimandare direttamente al modo di essere dei giovani protagonisti. Sarebbe allora una felice ingenuità. Non è forse l’ingenuità nei confronti del mondo e dei suoi meccanismi a renderli così pieni di fiducia in se stessi e nel proprio progetto? E non è, in fondo, questa stessa ingenuità a conquistare un uomo importante portandolo (forse in ricordo della sua voglia di cambiare il mondo) ad aiutarli a realizzare il loro sogno?
Al di là della riuscita, della comprensione e dell’apprezzamento dei singoli cortometraggi (con particolare riferimento a “Il Premio”), rimane un progetto interessante che riesce a mettere insieme tre generazioni “topiche” del cinema Italiano impegnate a raccontare una piccola parte del nostro paese.
Proposto da Vicky
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