Bob Dylan

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bob dylan

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Sono da sempre un grande fan di Bob Dylan ed ascolto i suoi dischi da quando avevo undici anni.

Questo grande artista ha influenzato assolutamente tutto il paesaggio musicale degli ultimi 40 anni.

Conosce pochissimi accordi eppure la sua esecuzione ha sempre qualcosa di speciale, di riconoscibile.

Ci sono degli errori che sono diventati parte del suo suono.

Del resto, per la prima volta introdusse l’elemento civile nelle canzoni.

È lui che ha creato la canzone civile, parlando anche della guerra nucleare.

Dylan è la quintessenza del rock’n’roll.

Ho cominciato ad ascoltarlo a metà degli anni Sessanta, quindi non l’ho mai considerato un cantautore o un poeta folk.

Per me lui era rock, elettricità, movimento.

Quando, per esempio, canta “Hurricane”, sembra il canto di un pugile, di un combattente e penso che si possa ben dire che, come Elvis ci ha liberato il corpo, Bob Dylan ci ha liberato la mente.

La prima volta che ho ascoltato “Highway 61 Revisited” sono rimasto affascinato dai suoni di tutti gli strumenti che ci sono in quel disco. Veramente emozionante.

E’ senz’altro vero che è difficile dire su Dylan qualcosa che non sia già stato detto, e magari dirlo anche meglio.

Basterà forse ribadire che Bob Dylan è un pianeta ancora inesplorato.

Per un cantautore lui è indispensabile almeno quanto lo sono per un falegname chiodi, martello e sega, e, come ha detto parlando di lui un altro grandissimo della musica internazionale, Tom Waits: “In Dylan sono importanti anche i fruscii dei suoi bootleg degli anni Sessanta e Settanta. Lui vive nell’essenza delle sue canzoni”.

E allora rieccolo con 10 canzoni inedite, il suo 46esimo disco, il 33esimo realizzato in studio.
Questa volta, con il nuovo album “Together Through Life”, canta l’amore.
Ovvero l’amore secondo Dylan. Un amore disperato e struggente o, al limite, giocoso e lascivo, come vuole la tradizione blues.
Certo nessuno si aspettava un nuovo album a meno di 3 anni dall’ultimo.
Tra un disco e l’altro, ormai, il menestrello ci aveva abituati a ben altre pause.
Basta scorrere le date di uscita dei quattro lavori precedenti.
Under the Red Sky 1990, Time Out of Mind 1997, “Love & Theft” 2001, Modern Times 2006.
L’ultimo, in particolare, gli aveva restituito un successo degno dei tempi migliori, riportandolo per la prima volta dal ‘76 in vetta alle classifiche di tutto il mondo.
Ma Dylan, a 68 anni suonati, impegnato in una turnèe infinita ( il Never Ending Tour) che, dall’88 a oggi lo vede mantenere una media difficilmente sotto i 100/120 concerti l’anno, non ne vuole sapere di riposare sugli allori.
Di Together Through Life si sta dicendo e si dirà di tutto, come sempre di ogni suo nuovo lavoro.
Che è un capolavoro, che il menestrello ha perso il tocco, che si ripete, che riesce ancora ad innovare, che non ha più voce …
Niente di nuovo.
In realtà, Bob segue ormai una strada che ha incominciato a percorrere almeno 20 anni fa.
Il suo cammino è tutto nel solco della tradizione americana, della musica che ascoltava quando era ragazzino (non di quella che faceva lui da giovane).
Appena ventenne, si sforzava di sembrare vecchio nel timbro e nell’intonazione vocale.
E oggi è arrivato nel punto dal quale, forse, voleva partire.
Ritornato, dopo le sbandate degli anni ’80, come reincarnazione di un bluesman girovago, non ha più cambiato rotta.
Quello che è stato uno dei più grandi innovatori della musica, l’eroe per antonomasia della controcultura, ci offre, oggi, un sound che sembra arrivare da una macchina del tempo sintonizzata sugli anni ‘40/50.
Ma, a pensarci bene, non è questa la vera trasgressione, il vero strappo con la musica sintetica e prefabbricata che domina,i giorni nostri, le classifiche? Non è questa la colonna sonora dei veri “Modern Times”?
E se il penultimo album era un capolavoro, una sorta di manifesto di questo Dylan fuori dal tempo, Together Through Life è un gioiellino, una perla che va ascoltata e riascoltata.
Questa volta il menestrello non canta l’apocalisse e la fine dei tempi.Con
Con la collaborazione di Robert Hunter, paroliere dei Greateful Dead, scrive invece delle canzoni d’amore.
Ma il tocco del vecchio Bob riaffiora qua e là come un fiume neanche troppo sotterraneo.
“Oltre qui non c’è niente” -dice lapidario alla sua bella, alla fine di “Beyond Here There Is Nothin- “niente che non sia già stato fatto e niente che non sia già stato detto.”
Grande, grandissimo Dylan.

Giù il cappello, anche da sessantottenne continui ancora a stupirmi!

A quando il Premio Nobel per la letteratura?

Scritto da Mario Pulimanti

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