Mentre le autorità monetarie e i governi di tutto il mondo sono alla ricerca di come uscire dalla crisi finanziaria e dalla recessione che sempre più attanagliano l’economia mondiale, il mondo delle imprese è impegnato nel difficile compito di resistere e di mettere le basi per costruire il futuro.
La preoccupazione delle nostre medie e piccole imprese, in particolare, è molto forte. Si cerca di capire dagli esperti, dai consulenti le prospettive non tanto di un suo definitivo superamento, che è giudicato da tutti a tempi non certo brevi, ma per lo meno di quando si manifesteranno i primi segnali di rimbalzo. Qualcosa, in certi settori, è forse all’orizzonte poiché si intravede che le grandi scorte accumulate cominciano a smaltirsi e la produzione dovrebbe quindi, a breve, dare segni di ripresa.
Gli imprenditori cercano anche di carpire i modi e gli strumenti per superare questa situazione. Qualche mese fa, quando è scoppiata la crisi finanziaria, il messaggio di breve periodo era quasi scontato: attenzione alla cassa. Quindi rinviare gli investimenti, serrato controllo del circolante, evitare spese superflue, sobrietà gestionale, innanzitutto. Poi in epoca di budget si era detto di adottare un modello previsivo contingente in grado di adattarsi alle mutevoli situazioni del contesto. Ora la questione di come concretamente operare non è semplice né facile perché le situazioni aziendali non sono generalizzabili.
Chi ha perso il mercato si trova certo in una situazione ben diversa da chi mantiene ancora gli ordini o li ha visti ridursi solo del 5% ma per il settore in cui opera e per il posizionamento raggiunto, può ragionevolmente immaginare una continuità del suo business nel futuro. In ogni caso, tutte le aziende cercano una maggiore flessibilità (riduzione dei costi fissi e quindi abbassamento del punto di pareggio), nonché una più incisiva semplificazione, selezionando innanzitutto i fornitori. E qui si innesta purtroppo il morbo che colpisce le filiere. Si sa che la filiera è costituita da quell’insieme di imprese che concorrono alla produzione del prodotto finale. Orbene, le scelte indicate tendono a colpire quelli che nelle filiere hanno posizioni deboli, in genere microimprese, terzisti, che non hanno un prodotto distintivo e che soffrono ora della mancanza di liquidità perché strangolati dai clienti che ritardano i pagamenti.
Con questa crisi è facile prevedere che si assisterà ad un ridisegno delle filiere a livello internazionale con alcune imprese che scompariranno e con altre che si aggregheranno, per non parlare poi della nascita di nuove o di forte sviluppo di altre come quella delle energie pulite, ad esempio.Indispensabile però che mirati aiuti pubblici e accesso al credito siano applicati tempestivamente affinché l’auspicabile e necessaria trasformazione del nostro assetto industriale non si traduca in una caduta che vada al di là di ciò che è accettabile per continuare a giocare un ruolo importante nella competizione. Attenzione poi ai risvolti sociali di tutto questo perché se è un bene che il sistema industriale si modernizzi è altrettanto importante mantenere la coesione sociale aiutando quelli che perdono oggi il posto di lavoro ad inserirsi comunque nel mondo produttivo.
Scritto da Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)