Sono diversi mesi che si parla di crisi.
Sono anni che la nostra valle è depressa, stanca e seduta sul suo quotidiano.
Certi potrebbero dire sul suo culo.
Ma tra le belle parole sul turismo e l’economia delle fabbriche, io stento ancora a capire di cosa stiamo parlando e, soprattutto, dove gli Amministratori puntano il timone.
Che rotta stiamo scegliendo: quella dell’occupazione di massa in una grande azienda o quella del turismo mordi e fuggi?
Non mi si verrà davvero a dire che dimostriam nei fatti di essere una valla turistica, vero?
Paragoniamo un aspetto preso a caso di un vostro viaggio con quanto si può trovare da noi?
Fatto!
Beh, io sarò giovane ed inesperto, ma vedo ben poco di FATTO in regola per attirare e coccolare un turista.
Prima di tutto, per dae un benvenuto ad uno straniero, bisogna stare bene tra di noi.
E lasciamo perdere i discorsi sul campanilismo perchè, primo, non ne usciamo vivi, secondo, lo si incontra molto spesso in ogni valle italiana tra i comuni che la compongono.
Ma quale modello economico vogliamo favorire nella nostra valle? Credo che sia sotto gli occhi di tutti: le grandi aziende e le catene della grande distribuzione.
Seguiamo come caprette docili gli errori di chi ci ha preceduto il quale, scornato, se ne torna svelto sui suoi passi.
Dove nascono i centri commerciali muoiono tanti piccoli artigiani e, con loro, tanti altri che vivevano grazie al piccolo negozio di paese, piano piano, fino alla morte del paese intero.
Sul percorso del caprone più intelligente dell’epoca, fu così, che una grande azienda di ceramiche si decentralizzò dal polo italiano del settore e trovò le condizione favorevoli per stabilirsi a Bedonia e, successivamente, a Borgotaro.
Per anni questo non creò nessun indotto nella nostra economia se non l’occupazione di molta manovalanza a costi del tutto competitivi. Questo perchè non siamo certo una valle ricca di materie prime, specialmente per fare una piastrella e, cosa non da poco, non abbiamo potuto o saputo sfruttare l’occasione per entrare in competizione con colossi dell’automazione o della carpenteria metallica specializzata nei macchinari industriali.
Tutto però andava bene fino a quando le Banche, il vento o la gestione aziendale non hanno deciso, nei giorni scorsi, che era ora di cambiare.
Comunicato al Comune e dipendenti licenziati via TV.
Qui arrivo al dunque di questo prolisso intervento: i sindacati dei lavoratori ed i lavoratori stessi.
Gli stessi che senza un minuto di sciopero stanno continuando a svuotare e sistemare la nave prima di abbandonarla.
Ma l’azione dei sindacati è forte: tanto forte che mi fa tornare alla memoria una simpatica coincidenza che spero non si ripresenti.
Alle prime avvisaglie di crisi, la stessa ditta e gli stessi sindacati, si sedettero ad un tavolo. Dal di dentro erano molte le voci sul numero dei possibili licenziati: chi diceva 20, chi 30 (le cifre sono a memoria). I comunicati ufficiali dicevano 40 e tutti pensarono al proprio posto. I sindacati furono durissimi e alla fine arrivarono ad un accordo intorno ai 22! Ma come, lo si intuiva/sapeva già da subito e, anzi, forse si è colta la palla al balzo per falciare qualche altro ramo.
Oggi spero che i vari comunicati, imprecisi, come il sottoscritto, anche nel dare il numero degli effettivi occupati (c’è chi dice 170 e altri 140), non ripercorrano la strada del “chiedi il doppio e accontentati della metà”.
Da subito si sospettava che la fabbrica di Bedonia avesse le ore contate e che si trasferissero 40 persone, licenziando le altre. Possibile anche la creazione di una nuova linea di produzione a Borgotaro salvando il possibile dalla fabbrica bedoniese.
L’incredibile sta nel comunicato ufficiale che, al momento, “salverebbe” solo 10 persone.
Mmmm, sembrano un tantino poche pensando anche agli uffici amministrativi e ai laboratori.
Riuscirà, il sindacato, ad avvicinare (a spuntare direbbero) la mia previsione? Se ne azzecco due su due vorrei essere chiamato pubblicamente Nostradamus.
Concludo trovandomi in disaccordo con un movimento dei dipendenti che ha raccolto le firme per invitare all’astensione dal voto per le prossime amministrative.
Credo che questa crisi ed in special modo questa vertenza debba essere presa dalla parte del manico e non della lama. Per come si fanno le campagne elettorali da noi (al bar offrendo un rosso e rassicurando sulla sorte dei figli in età da lavoro delle famiglie più numerose), poco importa in quanti votano.
Sarebbe l’ideale dichiarare che non si voterà per chi non si adopera subito con i fatti nel fare qualcosa per noi: non si darà l’appoggio ai soliti volti che, come ogni votazione, si rimpastano e, alla fine, sono sempe seduti in consiglio.