Storie; poesie di emigrazione.
Momenti tristi di un dopoguerra dove, la propria Patria, aveva un valore.
Significava qualcosa.
Profumava di libertà.
La fame e la povertà, provata da molti italiani, curata con il sudore della fronte, in una miniera del Belgio.
Una foto, una lettera da casa, rischiarava il cuore nero carbone di queste persone; ogni tanto, nota dopo nota, la musica faceva sentire meno la mancanza della propria terra.
Durante un’esibizione densa di significato e perfettamente orchestrata dalla voce narrante di Giuliana Anelli, correvano i ricordi di molti presenti.
Persone ancor prima che minatori.
Valtaresi emigrati in Belgio, a scavare le montagne, per quei soldi che facevano mangiare.
Loro e le famiglie e casa; lontane.
Quando, i neri, i delinquenti, i disperati, gli assassini, eravamo noi.
La speranza di un futuro migliore, in quegli anni, era anche una canzone.
Tornare a casa.
Tornare a vivere.
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