Tecnologia militare per scopi umanitari in aree di crisi: un’idea italiana per portare energia salva-vita

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Convertire la tecnologia militare per scopi umanitari: è questa la proposta di una squadra ditecnici, ingegneri e architetti italiani che ha deciso di rivoluzionare l’utilizzo di strutture già conosciute in ambito bellico, trasformandole in “energia salva-vita” per aree ad alto rischio sanitario come, in questo periodo, l’Africa Occidentale, duramente colpita dall’epidemia del virus Ebola e piegata dalla mancanza di fondi e strutture adeguate a fronteggiare la crisi.

L’idea capovolge il vecchio sistema di assistenza, puntando a portare “a domicilio” dei villaggi più duramente colpiti e bisognosi di energia elettrica (per ospedali, pozzi d’acqua, idrovore) una piccola centrale autosufficiente e – soprattutto – facilmente trasportabile, esteriormente uguale ad un qualunque piccolo container cargo, ma capace invece di contenere al proprio interno la tecnologia di una centrale a pannelli solari.

Un sistema nato inizialmente per alimentare i satelliti in orbita e fornire energia per apparecchiature radio e per scopi bellici, riadattate per uso quotidiano da un gruppo di ingegneri italiani che hanno “sognato” in grande, si sono riuniti nel consorzio “Epc Consortium” e hanno donato il primo esemplare all’Università Nagui-Abrogoua di Abidjan in Costa D’Avorio che l’ha posizionata nella Facoltà di Medicina, settore in cui la mancanza di energia elettrica può equivalere alla morte di decine di pazienti ogni giorno.

La Solar Station K10 – questo il nome della centrale elettrica solare portatile – contiene al suo interno anche tutti gli attrezzi – già con le batterie cariche – necessari all’attivazione della centrale stessa che dunque deve essere solo posizionata e poi si può aprire come se fosse un “robot transformer”. Dalla centrale partono i cavi che arrivano alle strutture “bisognose”. Siano esse reparti di ospedale, case o scuole.

Una “scatola” per l’energia, una centrale a energia solare di 7,5 per poco più di due metri, facile da gestire, posizionare, muovere e azionare, che – una volta passata l’emergenza – può essere spostata e collocata in un’altra area.

Si tratta, infatti, di moduli fotovoltaici facilmente collocabili in grado di produrre ognuno 40.000 Wh al giorno, che significa 10.000 litri d’acqua estratti dai pozzi dei villaggi raggiunti, illuminazione casalinga, per non parlare della possibilità di utilizzare frigoriferi per il mantenimento di cibo e così via.

Secondo quanto più volte sottolineato dalla Green Alliance (Greenpeace, RSPB, Christian Aid e WWF) e dall’International Finance Corporation, portare energia nelle aree che ne sono tutt’oggi prive è uno dei problemi contemporanei più caldi, dai quali dipendono, soprattutto per quanto riguarda l’area sub-sahariana, l’accesso alle cure – con conseguente propagazione di malattie – ma anche il normale svolgimento delle azioni quotidiane, la formazione, l’educazione e l’accesso di donne e bambini a servizi e sanità di base.

I Dati parlano chiaro: secondo quanto riportato da Pepukaye Bardouille dell’International Finance Corporation (IFC), 500 kWh è quanto consumato a livello pro capite in Africa (dato incredibilmente basso rispetto ai 1.800 kWh pro capite dell’America Latina) e sono oltre 590 milioni gli africani attualmente senza elettricità, con conseguenze tragiche a livello globale.

Un vero e proprio “apartheid energetico” come ha sottolineato la Banca Mondiale.

La speranza dell’Epc Consortium (formato da Warex e CR technologies) punta a salvare con ogni centrale solare autosufficiente diverse centinaia di abitanti di ogni zona raggiunta, in particolar modo donne e bambini – tra i più a rischio, soprattutto nei reparti di ostetricia -, allungando loro l’aspettativa di vita, la salute e l’accesso ai servizi base.

Quella che le popolazioni locali hanno già ribattezzato “la scatola dell’energia”, è stata inaugurata da ministri della Salute dei principali Paesi dell’Africa Occidentale (Costa D’Avorio).

Ora “la palla” passa alle istituzioni, e l’appello è chiaro: “c’è un intero continente che può rinascere grazie alle energie rinnovabili…ed è nostro compito, anche nel rispetto degli obiettivi del millennio, far sì che ciò avvenga”.

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