Il Mitico Chalet di San Moderanno

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Nessun locale, in provincia di Parma, sui “ragazzetti” e “signorine”, che hanno traguardato i 60 anni, ha un fascino, una struggente nostalgia per i bei tempi, come lo Chalet San Moderanno, in località Tugo, sulla Strada Statale della Cisa.
All’ombra dei pini, in cerca di frescura ma anche d’amore, tutta Parma, con ogni mezzo meccanico, negli anni sessanta, cercava di raggiungere il mitico locale e trascorrervi il pomeriggio allietati dal Juke Box, mangianastri ma anche dai primi complessi bit.
La pista da ballo, circolare, in pineta, i gradoni, le panchine erano sempre affollati da questi ragazzi che sognavano l’America, iniziavano a portare i capelli lunghi e camice sgargianti.
Potevano, grazie al costume che s’era evoluto, ballare, per la prima volta, senza avere puntato addosso lo sguardo arcigno dei genitori, di qualche zia o fratello maggiore come era avvenuto per i loro padri.
Berceto non è mai stato un paese noto per il ballo.
Sino all’apertura dello Chalet i pochi ballabili, tutti rigorosamente all’aperto come la Sirenetta, l’Alpino e poi il Kaco, avevano avuto i loro momenti di gloria ma soprattutto contrasti, molto accesi, con le autorità religiose.

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La presenza del Seminario, frequentato in Estate da una miriade di seminaristi in tonaca nera, non era compatibile con la lussuria del ballo e lo spirito libertino che mutuando gli Usa e Londra voleva farsi strada anche a Bercelo.
Lo Chalet, forse anche perché lontano dal paese, non risentiva più di questi rimbrotti e poi era frequentato da parmigiani e spezzini oltre che da bercetesi.
Era iniziato il turismo di massa.
La stessa sera dell’arrivo, a Berceto, dei turisti e soprattutto turiste, aspettate in trepidante attesa alla fermata della corriera dai baldi giovani indigeni che non si preoccupavano di azioni da gallismo, lo Chalet diventava la vera attrazione del paese.
Vespe e Lambrette, ben carburate dal mitico Francesco Becchetti, sovraccariche di passeggeri, raggiungevano il locale che promuoveva i prodotti della Fonte San Moderanno (la prima fonte oligominerale in Italia).
L’amicizia nasceva spontanea, tra ragazzini di terre ritenute ancora lontane come potevano essere Parma e La Spezia.
Ben presto, se non la stessa sera, ecco arrivare l’innamoramento, la cotta.
Iniziava un periodo struggente, per la coppia, che cercava di appartarsi, senza mai riuscirci.
Le serate più struggenti erano quelle di fine mese.
Fine Giugno, quindi, fine Luglio e Agosto ma anche Settembre.
Il turismo, allora, durava mesi e non poche giornate come adesso.
In queste serate, se i pini e le panchine, dello Chalet potessero riferire, riporterebbero giuramenti d’amore eterno tra l’indigeno e la ragazzina di La Spezia e Parma.
Ci scappava anche un bacetto.

fonte san moderanno

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Poi, però, il giorno seguente ecco lo stesso indigeno ad aspettare i nuovi arrivi alla fermata della corriera.
Passando davanti, ora, allo Chalet, nonostante l’aria di completo abbandono, come del resto per la Fonte San Moderanno, prima acqua minerale di Parma, e della stessa pineta, rasa al suolo in una sua parte, non si riesce ad essere tristi. I più, infatti, non lo sono proprio perché in quel mitico luogo ha vissuto i primi turbamenti adolescenziali, i primi innamoramenti.
Lo rivedono, con i loro occhi aperti, pieno di giovani vocianti.
Alcuni arrivano a giurare di rivedere ancora Celentano che arrivato in anticipo, sul suo torpedone, diretto alla Bussola, s’era fermato a ballare, ad urlare le sue prime canzoni, a rilasciare autografi allora neppure tanto richiesti visto che i miti erano cantanti d’oltre Oceano.
Di certo, invece, Mina e Giorgio Gaber non perdevano occasione, se in zona, di trascorrere alcune ore allo Chalet.
Proprio allo Chalet Mina conosceva un paroliere di successo per alcune sue mitiche canzoni come Mille Bolle Blu; Carlo Alberto Rossi.
Se esistesse la cultura del restauro, di preservare i mitici luoghi della memoria, certamente lo Chalet sarebbe recuperato, preservato e rientrerebbe come meta in viaggi turisti nei luoghi di culto di un’intera epoca come quella degli anni sessanta.
L’idea, ritenuta balzana, è del solito e vulcanico ex assessore Luigi Lucchi come voler proporre un consorzio volontario tra tutti gli operatori commerciali che operano sulla Strada Statale della Cisa, per tutto il suo tratto da Verona a Sarzana.
Una strada da dedicare ai miti musicali degli anni sessanta e anche all’irripetibile epopea di Enzo Ferrari che aveva fatto la sua prima corsa, come pilota, proprio nella Parma Poggio di Berceto.
Lo Chalet non resterebbe isolato ed imbalsamato in un auspicabile restauro ma ritroverebbe vita insieme alle numerose case cantoniere, veri monumenti, nel tratto parmense, che dovrebbero essere ristrutturate e date in concessione alle case discografiche, ai maneger dei cantanti oltre che ai motoclub europei.
Lo stesso Chalet poi farebbe da cerniera, parlando d’epoche musicali, tra Cassio ed Aulla.
Nel paesino dei salti del diavolo infatti, fuori dai rimbrotti di arcigni prevosti, il ballo è sempre stato vissuto gioiosamente e lo si può ritenere la culla parmense del liscio.
Non a caso Luigi Lucchi suggeriva agli amministratori locali di gemellare il paese con un’orchestra di liscio famosa in tutto il mondo: Casadei.
Ad Aulla, nel noto Duplè, invece, è arrivata la musica metallica ed i nuovi strani ritmi di ballo.
Idee, progetti, rimpianti, ricordi mentre lo Clalet crolla, la Fonte San Moderanno è desolatamente chiusa dopo che le sue bottiglie con le sue straordinarie etichette, disegnate da Fronzoni, era arrivata sui tavoli dei più prestigiosi ristoranti di New York e del Canada.
C’è anche rabbia nel constatare, da Aprile ad Ottobre, come la s.s della Cisa sia apprezzata dai turisti europei, soprattutto tedeschi che la percorrono, per le vacanze, con la convinzione, vera, di transitare su una delle strade più rinomate d’Europa.
Rabbia perché noi, invece, lasciamo crollare non solo lo Chalet, la Fonte San Moderanno, le storiche Case Cantoniere, ma abbiamo cacciato, in tempi recenti, dall’albergo
Internazionale, sempre del Tugo, una grande associazione spirituale: Il centro dell’Uomo.
Berceto, insomma, in questi anni sembra di voler accelerare il proprio declino invece di adoperarsi per fermarlo.
Anche Berceto, come lo Chalet, per fortuna è nel cuore di tanta gente per i momenti sereni e spensierati che vi ha vissuto.
Per questo, nonostante la desolazione attuale, lo Chalet vivrà e vivrà Berceto.

Scritto da LUIGI LUCCHI

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