Un sacco di storie

Scrittori e Artisti

Mario Mantovani - Scartoffie ScodereccePREMESSA
Sarà bene precisare da subito che se qualche lettore ha una particolare predilezione per la “verità assoluta” e per la “attinenza ai fatti” questo libro non fa al caso suo.
Se lo ha comprato ha speso male i soldi e se lo ha in prestito lo può restituire senza esitazione.
Quelli che vado a raccontare sono fatti difficilmente riscontrabili e il mio sforzo per inanellare gli elementi in mio possesso non possono dare organicità oggettiva alle cose esposte e neppure la necessaria consequenzialità.
E anzi voglio ammettere la mancanza di protagonisti “forti”.
Del resto considero questo mio lavoro null’altro che una esercitazione (che prescinde appunto dai fatti oggettivi) ed anche una sorta di “apologia della parola scritta”.
Mi immagino che da lassù Dante, D’Annunzio ed altri sussulteranno alle mie parole; ma non temo il loro giudizio, sanno e sappiamo che, comunque, li raggiungerò (giudicate voi come…).
Del resto, considerate quella che viene chiamata oggi “politica spettacolo” e osservate quanto il politico di successo e la verità non siano intimamente legati tra loro.
E allora lo voglio dire con una enunciazione di tipo matematico; la verità sta alla politica tanto quanto sta all’arte della scrittura.
Insomma se un politico racconta quel che fa al caso suo io credo di poter fare altrettanto.

Siamo in una piccola cittadina dell’Adriatico, in una domenica di settembre con un bellissimo sole ed una temperatura tipicamente estiva, spiagge stranamente deserte; un vento terribile scuote la terra e infuria il mare.
Un cagnetto di nome George, spaventato da un cartellone pubblicitario che prende il volo e porta il suo messaggio dalla parte opposta della strada, si lancia sulla carreggiata.
Una rossa Ferrari, che in seguito risulterà essere condotta da un commerciante di carni di Cremona, sopraggiunge a velocità sostenuta e va a sbattere contro il muro di una chiesa.
E qui, mi rendo perfettamente conto che i miei lettori si dividono in percentuali che non saprei quantificare tra coloro che si preoccupano; 1) per la Ferrari, 2) per il cane George, 3) per il commerciante.
Chi propende per la risposta 1) o 2) e si sente poi in colpa, consideri come attenuante il fatto che difficilmente un “commerciante di carni” ispira simpatia.
Chi propende per la risposta 3) ha qualche possibilità di essere stato influenzato dal fatto che il commerciante viaggiasse in Ferrari e farebbe bene a ragionarci sopra; si tratterebbe di una simpatia “riflessa” dall’auto, e non vale, perdinci!
Il cane si trovava sotto i portici di via Inversa, il commerciante transitava dalla parte opposta, dove si trova anche la piazzola che ospita l’entrata principale della chiesa dedicata a San… La chiesa ha quindi un lato “attaccato” a via Inversa e l’auto ha finito la corsa sbattendo contro una colonna di cemento dopo aver scavalcato un irrilevante marciapiede e grattato il muro della chiesa.
Il conducente, apparentemente illeso, è sceso dall’auto bestemmiando contro Sant’Antonio da Padova (il protettore degli animali è un altro S.
Antonio ma non sapremo mai se si sia trattato di un refuso voluto.
.
) ed i suoi superiori, ha girato dietro l’auto ed è svenuto; con simultaneo accanimento perverso del vento che, scoprendo il cranio pelato, si impossessò dell’elegantissimo cappello.
Del resto il commerciante dopo il botto aveva in testa ben altro che il suo cappello e ne avrebbe fatto evidentemente a meno.
Dieci minuti dopo l’ambulanza lo trasportò al Pronto Soccorso del Fate pure Fratelli, dove restò sotto osservazione per 24 ore.
Si racconta che appena svegliato fece riecheggiare nella sala ospedaliera le parole già pronunciate prima di svenire, in stanza c’erano altri tre malati che fortunatamente non si scandalizzarono; forse perché non erano animalisti, né preti, oppure avevano ben più seri problemi a cui pensare.
Fu dimesso “con formula piena” ma afflitto da una serie infinita di dolori; non ultimo per ordine di importanza quello per la Ferrari.
Questa fu rimossa a tempo di record, il conducente del carro attrezzi fece in tempo a vedere l’ambulanza diretta all’ospedale! La velocità di intervento, correva l’anno 2004, fu inversamente proporzionale ai punti della patente che avrebbero potuto prendere il volo.
Era successo che il proprietario dell’albergo “il Riposo del Guerriero” presso cui il cremonese alloggiava, mosso da impeto di altruismo o altro, transitava proprio nella strada del misfatto e chiamò subito il soccorso ACI.
Del resto non ci mise molto a capire di chi fosse l’auto, considerando anche la sosta obbligata, dovuta al fatto che la strada era completamente bloccata dall’intervento di un buon numero di curiosi; approssimativamente metà della popolazione presente in piena campagna turistica; un fiume, anzi un mare di gente.
Il cane, un bellissimo collie (ma il commerciante ne avrebbe fatto un collier) con tanto di pedigree*(da fare invidia alle sorelle lecciso), aveva riportato diverse ferite che certamente gli avrebbero precluso ogni possibilità di bissare i successi degli anni passati.
E si, perché stiamo parlando di una vera star; la proprietaria (legittima?) signorina Rosy, infatti, lo faceva spesso partecipare a gare cinofile.
Il nostro aveva ricevuto riconoscimenti lusinghieri ed importanti; ultimo e non per ordine di importanza il primo premio “Cane Padano”, conferitogli a Bergamo durante la decima edizione di “Mondo Cane”.
La motivazione ufficiale, un vero capolavoro di arte oratoria, recita; “è un cane di pura razza nordica “collie” *, dal caratteristico manto chiazzato del ceppo celtico, ha un portamento eretto, fiero ed orgoglioso; una taglia considerevole (niente a che fare con la “taglia di Calderoli” n.
d.
a.
) che gli conferisce carisma e autorevolezza.
” L’Eco della Padania, a proposito delle motivazioni del premio, riferisce anche il commento di una signora della giuria; “avete visto lo sguardo? Ce l’ha duro!”.
Col permesso del lettore, ora torniamo al giorno del sinistro; va subito chiarito che i danni riportati dall’auto non apparivano di certo volontari, fossero essi imputabili al conducente, al cane, alla sua padrona, al cartellone, al vento o ad altro evento.
Ne consegue che le forze di polizia non si occuparono assolutamente dei fatti, o perlomeno non nelle settimane successive (le querele di parte hanno tempo 90 giorni).
Questo conferì alla cosa un “basso profilo mediatico”, anche se voci non confermate e neppure smentite riferiscono che il ragazzo che si occupava di mandare resoconti al giornale locale (che per vezzo chiameremo “il Resto del Ferrarino”) era assente per ferie e chi lo sostituì, provenendo da un paesino della costa Adriatica, non poteva avere “il polso della situazione”.
Comunque fu pubblicato un solo articolo sul giornale e con un titolo ad effetto, talmente azzeccato da far impallidire tragicamente il conseguente testo; “scossa in chiesa”.
L’articolo parlava di come la chiesa, al momento dell’impatto, fosse occupata da qualche decina di persone che assistevano alla messa e di come questa gente, con tanto di parroco al seguito, si fosse riversata in strada in modo “fulmineo e subitaneo”.
Premesso che non voglio dare lezione a nessuno, l’articolo lasciava troppo spazio alla fantasia del lettore e dimostrava che il direttore di quel giornale non ha dato il giusto risvolto ad un fatto come quello, che avrebbe potuto far aumentare la tiratura di copie per almeno un mese.
La foto a corredo dell’articolo era poco chiara, raffigurava un’auto che poteva essere una Ferrari, vista da dietro, apparentemente non ammaccata e con a fianco un cane.
Il cane, a pelo corto e certamente illeso era vicino alla ruota posteriore con una gamba alzata; insomma in una posizione che tradiva le sue intenzioni e permetteva di accertare che fosse un maschio.
Dio solo sa per quale motivo fosse stata usata quella foto, ma si poteva essere certi del fatto che mai e poi mai un giornale di provincia avrebbe in seguito provveduto a giustificare tale scempio.
Invece non andò proprio così! Accadde che la signora B.
B.
sedicente presidente di una qualche associazione animalista e cinofila scrisse al direttore lamentando “l’offesa alla purezza della razza Collie” a carico del direttore che pubblicando la foto di un cane “meticcio” aveva “raggirato i lettori”.
La lettera venne pubblicata senza alcuna replica dopo pochi giorni dall’uscita dell’articolo e venne letta da pochissima gente, forse anche per colpa del titolo (che come è noto viene sempre scelto dai redattori); “il cane in posa”.
Piaccia o non piaccia, nessuno scrisse per lamentare che l’auto della foto non fosse una Ferrari.
L’ articolo incriminato non riportò i nomi delle persone coinvolte, fatto curioso che si può spiegare almeno in due modi; o l’autore non si era neppure presa la briga di informarsi sulle persone nominate, oppure i coinvolti erano “notabili” e il direttore non voleva incorrere in querele o grane simili.
Forse il possesso di un’auto di tale valore era ritenuto di per sé un fatto illuminante sulla “considerevolezza” del conducente, in realtà esistono auto in leasing, a noleggio, a prestito e via intrigando… Le “indagini”, se si possono chiamare tali, vennero svolte (di fatto) dagli assicuratori, che ebbero il compito di raccogliere e catalogare le diverse versioni e per quanto ci compete, prima di passarle sotto esame, corre l’obbligo di tornare ai fatti.
Ricordate vero? Abbiamo un’auto, un cane, una proprietaria ed un cartellone.
Così sembra, invece (sorpresa!) i cartelloni erano tre ed ognuno con la scritta; “vendo tutto”.
I tre cartelloni, esattamente uguali perché commissionati dalla stessa persona, appartenevano ognuno ad un negoziante diverso.
Uno era dello “scarpaio”, uno del “mobiliere” ed uno del “merciaio”.
Impossibile che i cartelloni appartenessero a tre persone e fossero commissionati da una sola persona, direte voi.
Sbagliato! I tre negozi e gli appartamenti sovrastanti erano di proprietà del signor Carefree, il quale era deciso a sbarazzarsi dei tre negozianti, e fu lui a commissionare ed a fornire i tre cartelli; ovviamente non prima di essersi accordato con i negozianti in questione sui dettagli della loro “buonuscita”.
Qualcuno riuscì a rintracciare i resti del cartellone coinvolto che portavano su uno spigolo il colore rosso dell’auto, ma nessuno poteva dimostrare a chi dei tre negozianti fosse appartenuto e questo, salvo prova di contrario, scagionava in qualche modo i tre.
Il signor Carefree ebbe buon gioco nel sostenere di avere solo fornito i cartelloni ma di non averli esposti personalmente; se c’era responsabilità era di coloro che li avevano esposti senza “fissarli” e senza prevedere l’arrivo del vento.
Lo scarpaio dichiarò, come del resto i suoi “colleghi”, che al momento dell’apertura del negozio nulla faceva presagire l’arrivo del vento e quando questi lanciò le prime avvisaglie egli si preoccupò di ritirare la merce dall’esterno.
Per la cronaca, il campionario esposto era davanti ai negozi, sotto un porticato le cui colonne erano i punti di appoggio dei cartelli.
Ricordiamoci che a quanto risulta l’unica persona veramente presente in strada fu la signorina Rosy e che questa rilasciò la seguente dichiarazione; “io non vado in chiesa perché appartengo ad una congregazione esotica non cristiana e non cattolica ed ogni mattina, appena alzata (alle 11, circa, n.
d.
a.
), porto George a passeggio con il guinzaglio.
Domenica, avevo gli occhiali da sole ed indossavo un cappellino francese, regalo di un mio ammiratore cinofilo, che per fortuna mi è rimasto in testa, avevo il cellulare spento perché se suona infastidisce George, stavamo per arrivare sotto i portici dalla parte dello scarpaio, quando il cartellone del suo negozio volò via spaventando George.
Fu tanto il suo spavento che “lui” riuscì a strapparmi di mano il guinzaglio.
Da quel momento lo seguii con lo sguardo e mi accorsi del sopraggiungere di un’auto ad altissima velocità che lo travolse sul selciato.
Scusate, c’era la frenata di quel bolide che pareva uno sputnik.
L’auto era appena stata investita dal cartellone del primo negozio, quello dello scarpaio, ed il conducente stava parlando con il cellulare e non vedeva la strada.
Ora io ho speso un sacco di soldi per fare curare il mio cane ed ho avuto un danno inestimabile derivante dal fatto che non potremo più partecipare a concorsi di bellezza, ne lui ne io.
Comunque il cane è assicurato, come del resto viene consigliato dalla A.
C.
Ri.
(Associazione Cani di Rilevanza)”.
Sembra che la signorina abbia complessivamente calcolato il “danno inestimabile” in un milione di euro, da chiedere a non si sa chi.
Come non mancherete di avere osservato qui c’è materiale per avvocati, per pagine e pagine di requisitorie e di arringhe e toccherà ad un giudice in sede civile, chissà quando, stabilire responsabilità e risarcimenti.
In attesa della sentenza sentiamo la versione del commerciante; “andavo pianissimo, col primino la mia rossa fa al massimo i 53, cronometrato a Monza con la pista asciutta e in tutti e due i sensi di marcia, la cià otto marce cat, a me mi piace il rosso e da quando commercio in carni ciò sempre la macchina rossa.
Ho visto il cane senza guinzaglio che l’correva dietro a un gat.
Mi è venuto sotto, fiol de un can e poi il terzo cartellone, quel del merciaio, mi è volato addosso, non so come perché non tirava mica il vento e c’era il sole, la macchina segnava 35 gradi virgola qualcosina e non ho avuto il tempo di frenare che ciò labiesse e ero già fermo, e poi il ciocco che mi si è smorzata la radio che scultavi Mina, si, ecco è stato come na mina, el ferari l’è de butà.
E dopo el spedale che ho perso giornate di lavoro e ciò n’emicrania coi grappoli che sembra uva, ma una biolca de uva, come han detto i dutur ”.
Fin qui l’automobilista, che reclama danni per 500.
000 euro, da chiedere a chi, si vedrà? Per quanto sia molto dubbio che qualche assicuratore o giudice di pace riesca a stabilire responsabilità addebitabili ai tre negozianti, sentiamo pure le loro versioni.
Lo scarpaio dichiarò che un gatto nero aveva fatto scappare il cane, che non aveva il guinzaglio, e di essere sicuro che il suo cartellone era volato via quando “tutti erano lì a guardare la Ferrari”.
Il mobiliere disse di non avere mai messo fuori nessun cartello; non aveva intenzione di chiudere e “nessuno” gli aveva detto di voler vendere “i muri del negozio”.
Il merciaio disse di avere visto “esattamente 5 minuti prima del colpo” un turista, “forse maschio e di pelle nera” prendere il suo cartello per ripararsi dal vento perchè era in costume e la sabbia gli dava ai nervi.
Non inseguì il ladro di cartelli perché aveva “altro a cui pensare e paura dei negri”.
Stavo per dimenticare, e spero di non annoiarvi troppo, che anche il Comune, in qualità di parte lesa aveva incaricato l’ufficio tecnico per il recupero del costo della colonna di cemento e delle sue pertinenze; tra l’altro la colonna aveva dimostrato notevole resistenza all’urto ed era solo incrinata, ma i tecnici stabilirono che “per metterla in sicurezza” era necessario sostituirla.
La chiesa i danni non li chiese; quel botto fu un dono di dio e la chiesa per tutta la stagione turistica fu visitata da tantissimi devoti, come mai era successo prima.
Ora col vostro permesso ci occuperemo di qualche particolare insignificante dal punto di vista dell’accertamento dei fatti, ma spassoso.
Ad esempio, uno dei primi ad accorrere fu un certo “Celentano” che arrivò con un grosso estintore del colore della Ferrari; rimase in piazza tutto il pomeriggio e con l’estintore in grembo; ora seduto, ora in piedi.
Non scambiò una sola parola per giorni e quando finalmente si mise a parlare tirò fuori una litania che voglio sottoporvi per l’originalità e la fantasiosità.
Eccola; “per colpa del vento il cartello si è messo a correre, e per colpa del cartello il topo si è messo a correre, e per colpa del topo il gatto si è messo a correre, e per colpa del gatto il cane si è messo a correre, e per colpa del cane il vento si è messo a correre, e per colpa del vento……”.
Come avrete notato, la litanìa chiudendosi a cerchio si ripete all’infinito.
Le persone che erano in chiesa erano davvero spaventatissime da quella che ritenevano una scossa di terremoto e di sicuro impiegarono diverso tempo prima di superare lo stress di quel giorno.
E qualcuna delle donne accorse disse di avere visto in auto un giornale aperto e che di sicuro “quello del Ferrari” stava leggendo il giornale mentre guidava, ma poi ci fu chi giurò che il giornale si era aperto con la botta e che comunque era un giornale scritto in caratteri strani, forse in arabo, quindi non stava leggendo.
Forse il “giornale arabo serviva ad accendere una bomba per un attentato”.
Poi, dovete sapere che Rosy era del posto ed era antipatica a molte donne, mentre gli uomini le riconoscevano una notevole avvenenza fisica, il che bastava per avere di lei una buona considerazione e per far sì che le si perdonassero certi atteggiamenti da vamp.
Così si era sparsa la voce secondo la quale il cane non aveva guinzaglio e che la “svergognata” lo portava in giro perché facesse i bisogni “a casa della gente per bene”.
Gli uomini invece preferivano accanirsi sul cane e parlavano della sua stupidità, del fatto che si dava dell’importanza come la sua padrona pur essendo “un puzzolente mezzo di trasporto per pulci e zecche” e che “quella lì se lo portava pure a letto”.
Insomma il cane era discretamente fortunato, potendo giacere con la Rosy, e comunque molti lo invidiavano.
Pensate; l’unico a sapere la verità sull’accaduto era il cane e non avrebbe avuto problemi a raccontarla; anche in un tribunale, semplicemente avrebbe raccontato i fatti.
George conobbe la sua attuale padrona in un luogo sconosciuto, oltre il mare, dove non aveva mai incontrato un essere umano con la pelle bianca.
Non ricordava di avere conosciuto i genitori, ricordava di avere sempre lottato per il cibo nel luogo in cui era nato.
Si rendeva conto di camminare in modo anomalo, era un fatto probabilmente congenito, forse dovuto ad una imperfezione ossea o a qualche trauma.
L’incidente con l’auto era avvenuto esclusivamente per la sua stupidità, non aveva notato nessun cartello e tantomeno gatti di qualsivoglia colore, si era solo incantato a guardare in cielo le ombre delle cose che il vento portava via; una immagine che gli ricordava la sua vita di cucciolo in luoghi che raramente affioravano nella sua memoria.
Rosy non gli aveva messo il collare quel giorno per un motivo banalissimo e incredibilmente assurdo; il colore verde del collare non era intonato con il suo stupido cappello rosa.
Noi sappiamo benissimo che l’animale non potrebbe deporre in udienza e che, anche per questo motivo, la giustizia non potrà arrivare ad accertare cosa sia veramente successo, ma a chi farne una colpa?

By sciacallo

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